Le vicende storico – costruttive della torre

La lunga vicenda di Canai comincia nel 1617, quando il viceré spagnolo Alfonso d’Eril invita a presentarsi gli appaltatori interessati alla costruzione di torri e fortificazioni nelle isole di S.Antioco e di S.Pietro, per stabilire modi e luoghi di esecuzione: le due isole, allora disabitate, erano infatti sicuro rifugio per i vascelli di nemici “mori, turchi e altri della Santa Fede cattolica”. Il proposito non ebbe seguito se non 140 anni dopo, nel 1757, quando la torre Canai fu costruita su progetto dell’ingegnere piemontese Vallin in una località denominata significativamente Nuraghe de Moru.

La torre Canai fa parte del numeroso gruppo di torri ancora oggi presenti lungo le coste della Sardegna e conservate in condizioni più o meno precarie.

Il complesso sistema di torri costiere ha origine dopo la conquista degli Aragonesi (1323-26), quando fu progettata la difesa del litorale. Soltanto nel 1587, però, Filippo II, Re di Spagna, istituiva l’amministrazione delle Torri, con scopi militari ed economici, quali sorvegliare e difendere le coste dagli attacchi dei “barbareschi”; controllare eventuali sbarchi clandestini e reprimere il contrabbando; tutelare la salute pubblica, impedendo l’attracco di imbarcazioni sospette o infette.

Con una attività preponderante nel secolo XVI, anche le coste della Spagna, della Liguria, della Corsica, della Sicilia, del Napoletano; delle isole greche, della Crimea, furono munite dagli Spagnoli, dai Veneziani, dai Genovesi di torri e fortificazioni, seppure con finalità diverse: il sistema difensivo del Mediterraneo orientale fino alla Sicilia era principalmente utilizzato contro il pericolo dei Turchi; quello del Mediterraneo occidentale era essenzialmente legato alla difesa delle scorrerie dei “barbareschi” e di corsari, spesso regolarmente autorizzati dai vari Stati con patenti, lettere e licenze.

I tipi architettonici delle torri erano ricorrenti dappertutto: a pianta quadrangolare o, più spesso, a forma di tronco di cono, sovrastato da un cilindro.

Durante il XVI secolo, a più riprese, le coste della Sardegna vennero attaccate dai corsari che saccheggiarono parecchi villaggi costieri, ma anche interni: Cabras, Lodè, Torpè e Siniscola (1509), Uras (1546), S. Antioco (1551), Villanova, Montleone e Quartu (1582).

Già nel 1572, il governatore di Iglesias, Marco Antonio Camos, aveva effettuato il periplo dell’isola per organizzare un sistema difensivo che, rimaneggiato, fu comunque realizzato solo parzialmente e in tempi lunghi, nel corso di almeno due secoli.

Nel 1583 il parlamento sardo presieduto dal viceré don Michele Moncada deliberava l’imposizione di una tassa, il “diritto del reale” (dret del real), finalizzata alla costruzione delle torri litoranee e al restauro delle fortificazioni di Cagliari, Alghero e  Castelaragonese (Castelsardo): la richiesta fu accolta e ratificata, come già detto, da Filippo II con l’istituzione dell’Amministrazione Reale delle Torri, che veniva finanziata attraverso il pagamento di un reale per ogni quintale di formaggio, di cuoio o di lana esportati dall’isola. Diversi viceré, sia spagnoli che sabaudi, emanarono pregoni per ribadire i compiti dell’Amministrazione fino al nuovo regolamento emanato da Carlo Emanuele III nel 1766, nel momento delle riforme amministrative della Sardegna. L’amministrazione, che cesso di operare nel 1842 con un editto di Carlo Alberto, Re di Sardegna, aveva una struttura organizzata gerarchicamente con  cariche attribuite mediante nomina regia (Capitano delle Torri) o per sorteggio o per impiego.

Nel giro di circa venti anni, fra il 1591 e il 1610, furono costruite cinquantadue torri ed altre restaurate, ma, sebbene previste più volte, le difese delle isole piccole (compresa quindi S.Antioco) non furono attuate. Soltanto con il passaggio dell’isola ai Savoia (1720), dopo un nuovo periplo dell’isola descritto in un interessante manoscritto, l’ingegnere piemontese Antonio Felice De Vincenti ribadì l’opportunità di dotare l’isola di S.Antioco di due torri, costruite più tardi una a Calasetta (1756) e l’altra a Canai (1757).

Gli Archivi di Stato di Cagliari e di Torino conservano relazioni, mandati di pagamento, movimenti del personale, suppliche, proposte, registrazione di naufragi: attraverso questa documentazione è possibile ripercorrere, con ampiezza di particolari, le vicende storico – costruttive e l’uso della torre di Canai, dalla sua nascita alla cessazione dell’uso militare, avvenute nel 1867 con il decreto del Re d’Italia Vittorio Emanuele II, che cedeva tutte le torri e le piazzeforti dell’isola al Demanio dello Stato. I documenti sono redatti in lingua spagnola anche dopo l’arrivo dei piemontesi e soltanto intorno al 1760 compare l’italiano.

La torre di Canai, riproposta nel 1755 dall’ingegnere militare Soleri sulla base della relazione De Vincenti di circa venticinque anni prima, fu progettata dall’ingegnere Vallin, che aveva ricevuto le consegne dal suo predecessore nel maggio 1756: essa risulta terminata nel 1757. I registri dell’Amministrazione delle Torri riportano i mandati di pagamento, erogati dal 1756 al 1758, all’ingegnere Vallin (sia per l’esecuzione di “pianta e istruzione di Canay”, sia per i sopralluoghi effettuati alla nuova torre) ed agli impresari. È però significativo che già nel 1762 la torre avesse bisogno di aconches (lavori), regolarmente pagati con “mandati straordinari”.

Nel 1761 compare il primo mandato di pagamento all’alcaide Angelo Lepori, relativo a trentasei mesi (1758-60) anche per il mantenimento del cavallo in dotazione alla torre. Dal punto di vista economico della torre di Canai dipendeva direttamente dall’Amministrazione, a differenza di altre mantenute dalle città vicine o dai feudatari.

Esaminando le relazioni con il Capitano (poi Colonnello, sotto i Savoia) delle Torri redigeva dopo la visita, biennale prima ed annuale poi, all’intero sistema costiero, è possibile ricostruire le caratteristiche architettoniche della torre di Canai: essa era costituita da un grande ambiente circolare con quattro finestre provviste di infissi di legno e serrature di ferro, ed una scala interna di pietra che conduceva alla piazza d’armi, dove, oltre alle artiglierie, era la “mezza luna” coperta di tegole, affiancata da garitta a da una latrina, spesso indicata “senza porta”. Sia il boccaporto per comunicare con l’esterno, sia la cisterna collocata all’interno della torre erano provvisti anch’essi di infissi di legno e ferro.

Dai documenti si ricava che la torre presentò presto problemi, quali, più frequentemente, la precarietà degli infissi e le infiltrazioni di acqua piovana che cadeva attraverso la copertura nella “mezza luna” della piazza d’armi. Si registra spesso anche la necessità di “fissare in palette” (cioè riprendere) parti esterne ed interne della torre, mentre l’inconveniente più pericoloso, già indicato nel1783, riguarda la santabarbara “collocata in una certa situazione, che il fuoco fatto dai soldati penetra nella parte di Santa Barbara a motivo che quando si apre il boccaporto il vento porta scintille verso Santa Barbara che ha una finestra soggetta al Levante in cui domina molto l’umidità”. Non risulta però che il deposito di munizioni sia stato spostato all’esterno per evitare rovinose esplosioni, dato che sette anni dopo (1790) si lamentava lo stesso fatto: anzi una costante delle relazioni è proprio la segnalazione ripetuta di necessità evidentemente mai attuate.

Nel 1807 si segnala che le torri di Calasetta e, “massime”, di Canai erano “assolutamente desolate” anche per le difficoltà di trasportare materiali necessari per i restauri, come “calcina, tavole, chiodi”, a causa della lontananza da luoghi abitati. Nel 1821, infine, lo “Stato del Risultamento delle visite delle Torri “ redatto da Giovanni Carboni, elenca le “restaurazioni necessarie”: l’intonaco interno ed esterno per 70 trabucchi (2,20 m), 300 mattoni per il “raccomando dei casotti, del comodo e del camino della cucina, gli infissi per quest’ultima e per lo “ spiraglio del corpo della torre”.

Già nel primo ottocento, è evidente lo stato assai precario dell’edificio, che sembra andare di pari passo con il deterioramento della qualità del personale impiegato: infatti, il primo alcaide, Angelo Lepori, cagliaritano 32enne, poteva contare su un artigliere di 52 anni e su quattro soldati compresi fra i 24 e i 38 anni, provenienti dalle file dell’esercito; nel 1836, invece, l’alcaide Giuseppe Serpi, “poco letterato”, aveva a disposizione quattro soldati, di qui uno solo (27anni) “poco letterato” e gli altri tre “idioti”. Fra questi un Efisio Serpi, di 16 anni e con un servizio di dieci anni nelle torri, che è facile riconoscere come uno degli otto figli della numerosa famiglia dell’alcaide.

La posizione geografica di torre Canai favorì la funzione di controllo del golfo di Palmas, anche in rapporto al lavoro nelle tonnare e nelle saline, attive almeno a partire dal sec. XVII e spesso razziate dai corsari. Nel 1720, quindi circa trentacinque anni prima della costruzione della torre Canai, l’isola di S.Antioco era “abitata da poche persone, che vi si trattengono per coltivare qualche poco di quel terreno, e guardano il loro bestiame, trattenendosi tutta settimana in campagna, alla riserva della Domenica che si ritirano per la messa”: l’abitato contava allora soltanto trenta case ed una chiesa. La scarsità di presenze umane nell’isola, causata dalle secolari incursioni dei “barbareschi”, favoriva naturalmente la presenza dei corsari lungo le coste, usate come rifugio sicuro. Di conseguenza, la fondazione stessa di Calasetta fu possibile nel 1769, quando la torre omonima già esisteva da tredici anni, mentre il rifiorimento dell’abitato di S. Antioco è pressochè contemporaneo: esso è successivo al passaggio dell’isola (1758) dall’arcivescovado di Cagliari all’Ordine Militare dei SS Maurizio e Lazzaro, che l’ebbe in feudo fino all’abolizione dell’istituto feudale in Sardegna (1839).

Nei diversi progetti di riutilizzo delle torri costiere, del resto mai realizzati (1843–50), la torre Canai ebbe sempre la qualifica di prim’ordine, in quanto ubicata in vista di un altro golfo, e quindi tale da richiedere un costante presidio di artiglieria. La dimissione definitiva delle torri, risalente al 1867, provocò il loro abbandono. Ciò avvenne anche per  Canai.

In anni recenti la torre fu pesantemente rimaneggiata come residenza estiva, dopo la concessione ad un privato.

 

Tratto dalla pubblicazione realizzata da Italia Nostra: Torre Canai Sant'Antioco – Ambiente e Storia.